giovedì 8 marzo 2012

Donne: le vere eroine della mafia

Graziella lavorava in una lavanderia a Villafranca Tirrena. La giovane scomparve a Villafranca Tirrena dopo essere uscita dalla lavanderia dove lavorava, la sera del 12 dicembre 1985. Allora il negozio era frequentato da due clienti che si presentano come l'ingegner Toni Cannata e il geometra Gianni Lombardo, di Palermo. In realtà sono Gerlando Alberti junior (nipote di Gerlando Alberti senior, soprannominato 'u paccarè, il furbo, braccio destro di Pippo Calò) e Giovanni Sutera, pericolosi latitanti ricercati per associazione mafiosa e traffico di droga. Da anni abitano in una villetta a Villafranca, a due passi dalla caserma dei carabinieri. Il destino fa incrociare i mafiosi con quella ragazza dai grandi occhi scuri. L’unica colpa della ragazza: trovare negli indumenti dell'ingegner Cannata un documento in cui veniva rivelata la sua vera identità, Gerlando Alberti jr, nipote latitante del boss Gerlando Alberti senior.
La sera del 14 dicembre Graziella non sale sulla corriera che la riporta a casa. Due giorni dopo, il cadavere viene trovato a Forte Campone, un luogo isolato, che fa paura: uccisa con cinque colpi di lupara, uno sparato sul viso. La ragazza è sfigurata, con un braccio alzato come per difendersi.

All’innocente donna siciliana finita per caso nel mirino della mafia, oggi viene dedicata “Cascina Graziella”, un bene confiscato a Francesco Pace, imprenditore originario di Paceco (successore di Vincenzo Virga, luogotenente di Bernardo Provenzano), e si trova a Moncalvo d’Asti. In prospettiva, nel bene confiscato nascerà una cooperativa di lavoro in cui saranno impiegate le donne residenti in un centro socio-assistenziale, in cui saranno ospitate donne vittime di dipendenze (alcol, droga, gioco) e di abusi.

La provincia di Reggio Emilia celebrerà la festa delle donne all’insegna di Donne e Legalità: venerdì 9 marzo alle 17 presso la Sala del Consiglio Provinciale con l'iniziativa Pratiche di pace contro la mafia ci saranno le drammatiche testimonianze di donne che hanno avuto il proprio destino segnato dalla mafia.
Piera Aiello, Petra Reski, Daniela Dioguardi e Angela Lanza sono le prime testimoni di giustizia che, grazie al loro coraggio coraggio, hanno infranto il muro dell'omertà pagando un prezzo altissimo. E' la storia di donne come Piera Aiello e della cognata Rita Atria, morta suicida dopo la strage di via D'Amelio. E' la storia delle "donne del digiuno" palermitane che nell'estate del 1992 si ribellarono alla spirale di violenza culminata in Sicilia con la morte dei giudici Falcone e Borsellino.

Questo incontro è dedicato alle donne, che con la loro forza si  ribellano al sistema quali operatrici di pace e giustizia per avere una società più giusta e equilibrata, un mondo nuovo in cui donna non è solo sinonimo di abuso e subordinazione.

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